01.09.2021 > news and events

Exhibition design

NON SCATOLE MA ARCHITETTURE EFFIMERE

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Spesso l’approccio del grafico (sì, lo stesso degli altri articoli, il creativo con la testa tra le nuvole e le braccia tatuate) è quello di trattare lo stand come fosse un packaging sovradimensionato: una grande scatola da decorare, a volte quasi riempire.

Certo, questo tipo di approccio può sicuramente portare a risultati esteticamente appaganti ed efficaci a livello puntuale, tuttavia è sicuramente un metodo che non tiene conto di tutti gli aspetti che un progetto di allestimento deve includere. Manca, insomma, di una visione globale.

Quando si tratta di uno stand infatti, la comunicazione non è solo la grafica che si mette alle pareti, ma è TUTTO lo stand: lo spazio stesso, come viene gestito e pensato può essere portatore di valori e rafforzare quindi l’identità del marchio, per non parlare di tutti gli aspetti a contorno quali l’illuminazione, lo styling, i posizionamenti degli elementi.
Smarcati tutti gli aspetti tecnici di cui tenere conto, che condizionano la progettazione degli spazi, la prima cosa su cui concentrarsi quando si deve progettare uno stand non è concentrarsi sulla grafica, e nemmeno buttarsi a capofitto nella distribuzione planimetrica. E’ bensì definire un concetto allestitivo coerente e possibilmente forte e suggestivo, che farà sì che il visitatore sia coinvolto in un’esperienza unitaria e non in uno spazio con una costellazione di elementi tra loro scollegati. Le strade da percorrere possono essere molteplici, e dipendono anche in grande misura dal Tone of Voice dell’azienda che si deve rappresentare.

La cosa che bisogna tenere sempre a mente è che il concetto allestitivo deve enfatizzare gli oggetti esposti, ma anche essere tarato in modo tale da rafforzare l’identità del marchio, senza schiacciarla (se l’allestimento è troppo “prepotente” rispetto all’immagine aziendale) o diluirlo (se viceversa il concept è troppo debole).

Definiti quindi lo spirito dell’allestimento, il mood generale che determina l’impatto globale dell’esperienza di visita, occorre concentrarsi su come trasferire e tradurre questo concept allestitivo.

Per prima cosa occorre concentrarsi sui percorsi e sui flussi: da dove arriverà la maggior parte dei visitatori, qual è -se c’è- l’ordine/il percorso che vogliamo far seguire al visitatore, vogliamo avere un flusso continuo o un flusso spezzato da vari “episodi” che rompono la continuità del percorso? Questo processo guida nel posizionare in pianta gli spazi necessari, dapprima sbozzandoli per macro-aree: serviranno una reception, un ripostiglio (quanto grande) una zona meeting (chiusa/aperta/semipermeabile).
Identificate le aree si passa al lavoro vero. Bisogna che le zone segnate come campiture piene, diventino spazi fruibili. E’ questo il momento in cui regole imposte dai regolamenti di fiera, studio dei flussi (con un occhio all’accessibilità), definizione delle aree, concept allestitivo e esigenze del cliente si devono fondere in un progetto che le tenga insieme tutte, preservando la forza dell’allestimento in generale, coerentemente con gli obiettivi comunicativi definiti a monte.

E la grafica?

La grafica, o meglio la comunicazione visiva, entra in gioco in due momenti: all’inizio e alla fine del processo. All’inizio nella definizione del concept allestitivo, in cui si definisce -a grandi linee- il peso che avrà la grafica nello stand: sarà la protagonista del concept allestitivo (pensiamo ad esempio agli stand in cui vengono utilizzare gigantografie per creare una esperienza immersiva nel visitatore-) oppure sarà minimale? Oppure ancora ci sono delle grafiche imprescindibili di cui tener conto?

Alla fine del processo la grafica viene definita nei dettagli, proprio prima o parallelamente alla definizione dell’esecutivo architettonico.

Altri dettagli fondamentali e spesso dimenticati negli allestimenti, sono l’utilizzo della luce e lo styling.

La luce in particolare è un elemento che ha un grandissimo peso sulla percezione degli spazi, ma anche degli oggetti esposti. Può essere utilizzata in maniera puntuale, direzionata o spot per creare degli effetti enfatici su una sezione dello stand o su un prodotto. Oppure può essere utilizzata in maniera diffusa. A seconda anche della categoria merceologica esposta, può essere necessario tarare adeguatamente la temperatura delle luci e il flusso luminoso degli apparecchi di illuminazione. Nelle fiere dedicate al food, in linea generale si tende a privilegiare l’uso di luci calde (luci fredde tendono a conferire al cibo una tonalità poco invitante); i gioielli necessitano di luci con temperature specifiche per valorizzare al massimo i colori e la brillantezza delle gemme...

luce diffusa

luce spot

Lo styling è un elemento molto importante soprattutto in alcuni settori, come quello del mobile, in cui elementi decorativi (possono essere piante, ma anche soprammobili, oggettistica, libri, riviste), si integrano all’interno dell’allestimento, dando un grande contributo nella creazione dell’atmosfera che lo stand deve creare: se il concept allestitivo si basa sulla creazione di un mood accogliente, domestico lo styling potrà essere basato sulla ricerca di oggetti di uso quotidiano; se invece il concept allestitivo è quello di creare una certa sospensione della realtà, potranno essere inseriti oggetti bizzarri, o presi in prestito da altri mondi, oppure ancora oggetti posizionati in maniera inconsueta o replicati molte volte.
Se tutti gli elementi, tra cui distribuzione degli spazi e posizionamento degli oggetti, studio illuminotecnico, styling, grafica, si articolano coerentemente sotto un’unica visione complessiva espressa dal concept allestitivo, tutti gli elementi lavoreranno come un coro in cui diverse voci cantano una sola canzone (ovvero il messaggio comunicativo che lo stand vuole portare), se invece ognuno di questi elementi viene gestito in maniera non organica, avremo una bellissima scatola di oggetti che cantano benissimo canzoni diverse.
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